Chi vuole indietro HyperCard non ha ragione; bisogna comunque andare avanti. Chi vuole i concetti di HyperCard invece ha ragione da vendere, come testimonia l’articolo (la gemma, nel loro gergo) di Fibery sugli
strumenti ipertestuali degli anni ottanta.
La lettura è agevole, una dozzina di minuti, nonostante il tema sia bello denso. Velocemente.
Nel 2020 stiamo cercando di recuperare concetti che, se non fosse arrivato il web, ci avrebbero portato molto lontano (o almeno avrebbero potuto).
Uno dei connubi più felici tra umanesimo e tecnologia digitale rimarrà per sempre il gioco di avventura testuale, che in più di un caso ha raggiunto vette degne del valore artistico e che ha portato milioni di persone a esprimersi (nel caso degli autori), viaggiare con la mente, imparare lingue nuove, divertirsi, accettare sfide.
Diecimila dollari (in aumento) sono il montepremi raccolto pubblicamente per l’edizione 2022 della
Interactive Fiction Competition. Otto dollari su dieci verranno distribuiti tra le oltre settanta avventure in gara e gli altri due a sostegno delle spese della Interactive Fiction Technology, Foundation, che organizza.
Dovrei attrezzare un post come si deve e ho materiale per scriverne almeno quattro. Invece finirò la settimana dentro la
prigione di ferro e spero di
annientare un esercito di o e O prima di dormire. Comprensione, grazie.
Mi si ricorda che John Gruber
non sopporta Arial e Courier New, i font infestanti con cui Microsoft combatte la tipografia fatta come si deve e la libertà di espressione conseguente. In fin dei conti è una delle ragioni positive per cui seguo Gruber.
Vengo a sapere che Gruber ha chiesto a Jeff Johnson, sviluppatore di
StopTheMadness, di aggiungere una funzione per cambiare automaticamente il font delle pagine web visitate, nel caso ci siano tracce di infezione da Arial e Courier New.
Dopo qualche aereo e molti treni, tutti regionali, ho preso un Frecciarossa, in andata e al ritorno. Non succedeva da prima della pandemia.
All’andata, su settantaquattro minuti previsti, il treno ne ha aggiunti venticinque. Al ritorno, dieci più cinque che aveva cumulato prima di arrivare.
Sulla stessa tratta, fino al 2019, ho viaggiato molte volte, su Frecciabianca. Il Frecciabianca, seppure con qualche ritardo occasionale, è sempre stato meno lento.
Insomma, il Frecciarossa è lento.
Ci sono zilioni di sistemi assolutamente magici per generare slide a partire da testo Markdown e li adoro.
Ma arriva il momento in cui ti serve una presentazione fatta e finita, pregevole, in poco tempo.
Oggi ho provato a lavorare in modalità Outline. Ho abbozzato il testo in pochi attimi, letteralmente. Poi ho adeguato gli stili del layout scelto al font che volevo e infine ho inserito le immagini.
Pochi ritocchi finali, neanche due ore e avevo tutto praticamente pronto. Le mie slide sono sempre minimaliste, però c’è un elemento di complessità anche in questo.
Scelgo
l’articolo di MacStories scritto da John Voorhees perché contiene un chiarissimo grafico a torta che mostra la ripartizione degli incassi di Apple nel trimestre estivo.
Mi sono venuti in mente i lamenti di quanto Apple trascurava i Mac perché pensava solamente a iPhone, in considerazione del fatto che iPhone costituiva la punta di diamante del fatturato.
Oggi iPhone è sempre in prima linea: raccoglie il quarantasette percento del business.
Mac, dopo iPhone, è il segmento hardware più importante (tredici percento). La trascuratezza di Apple ha dato risultati inaspettati.
Sono tenuto alla confidenzialità. Posso almeno dire che un amico lavorerà nei prossimi mesi con un istituto scolastico di buone dimensioni per popolare da zero il laboratorio di informatica prossimamente pronto nella struttura.
La cosa notevole è che si tratta di una scuola che si pone il dubbio e si mette in ascolto: che cosa andrebbe inserito per contrastare l’obsolescenza, svolgere un servizio effettivo per i ragazzi, essere rilevante, favorire gli insegnanti, avere costi sostenibili…?
Apple spesso fa la cosa giusta, a volta non la fa, capita anche che faccia la cosa sbagliata. Più diventa grande, più è inevitabile che di tanto in tanto si infili una cosa sbagliata.
La pubblicità in App Store, specialmente
la pubblicità di bassa lega in App Store, è una cosa molto sbagliata che si spera venga risolta al più presto e nella maniera più draconiana possibile.
Anche una società da quattrocento miliardi l’anno di fatturato può preoccuparsi giustamente di tutelare la crescita, i margini, anche gli investimenti degli azionisti che rischiano di scricchiolare per una cifra non soddisfacente o un risultato dubbio. Discutibile, ma lecito.
È molto che devo completare la relazione su
La Prima Colonia, finita la
parte due, archiviata la
parte uno, dimenticata la
parte zero. Devo raccontare come lo fa: come il libro soddisfa, o no, le mie aspettative.
La parte problematica del farlo è che, per convenzione, questo tipo di resoconto diventa quasi sempre per chi legge un invito a comprare il libro oppure a non farlo. Una scelta binaria da cui mi dissocio, perché su un’opera di questo calibro i giudizi possono solo essere sfumati. È anche una convenzione in cui potrei ritrovarmi se si trattasse di un libro scritto da uno sconosciuto. Edoardo invece è un amico e io sono fregato; se ne parlo bene sembrerà che gli tiri la volata a prescindere dai meriti. Se ne parlo male, si arrabbierà molto e potrebbe anche avere ragione, perché chi mai può dire di padroneggiare completamente un libro? Se, infine, ne parlo bene ma con qualche riserva, o male con qualche nota positiva, potrò godere del peggio dei due mondi, attaccato da entrambi i lati.