A John Gruber mancava solo di analizzare le impronte lasciate dai piedini sul tavolo, nella sua
recensione di MacBook Air M2. Abbondano i dettagli, le minuzie, i rimandi, la lettura chiede tempo, nulla resta fuori o, se rimane qualcosa, ci si deve pensare per accorgersene.
A me piace da matti il doppio passaggio all’inizio, quando cita la
recensione del medesimo modello, ma con M1, dell’anno scorso:
Per riconoscere quanto sono buoni i primi Mac basati su Apple Silicon – e sono qui a dire che sono incredibilmente buoni – bisogna accettare che certi presupposti di lunga data su come i computer andrebbero progettati, che cosa rende migliore un computer migliore, di che cosa ha bisogno un buon computer, sono sbagliati. Qualcuno continuerà a negare per anni quello che Apple ha ottenuto qui. È come vanno le cose.
Abbiamo visitato con successo un bel museo di storia naturale. Non è stato facile, però.
Un sito Internet, una targa sul portone della sede, un gonfalone appeso nelle vicinanze; ciascuno riportava orari di visita diversi.
Era obbligatorio prenotare e farlo telefonicamente. Email, SMS, l’incubo ubiquo WhatsApp? Zero, salvo la possibilità di richiedere informazioni con la prima (che abbiamo usato invano, senza risposta). Tutto questo di venerdì, giorno che in Italia suona ancora vagamente lavorativo.
Mi pare che tf42 abbia ragione: come può
la mia copia usata di Una Storia Intricata essere uscita nel 1998 con un prezzo in euro?
Al momento dell’acquisto non ci ho proprio fatto caso, né ci ho pensato dopo.
Mostro il corpo del reato (un po’ come viene perché è notte ed è buio). La copertina:

Tutto è cominciato nel 2008, quando Google ha commissionato al disegnatore Scott McCloud un
fumetto promozionale su Chrome.
Recentemente l’attivista per i diritti digitali Leah Elliott ha ripreso lo stile di quel fumetto per farne uno contro Chrome, ritenuto una minaccia per la privacy e la democrazia, mica per niente chiamato
Contra Chrome.
L’associazione Copernicani ha deciso di approntare una traduzione in italiano del fumetto, che giusto oggi
ha annunciato ufficialmente.
Il punto di vista di Elliott è indubbiamente radicale; peraltro, il tema privacy è sempre più delicato e problematico e immagino che molte persone, anche veterane della rete, non siano del tutto consapevoli di tutto quello che sta dietro Chrome a questo riguardo.
Per le recensioni c’è tempo, però quest’anno ci sono da leggere anteprime interessanti. Sarò presuntuoso o approssimativo, però ritengo che ci sia semplicemente da stare collegati su MacStories, che è diventato da qualche tempo il sito per sapere di Apple le cose importanti.
Sto ancora leggendo e non ho molto da dire ancora; invito a farmi compagnia sulle
pagine di Alex Guyot dedicate a watchOS 9 e su quelle
riservate a macOS Ventura a firma John Voorhes.
Bei tempi quando le persone avevano un nome e un cognome ortodossi e al massimo un nomignolo riconosciuto dalla comunità; oggi questa moda dei nickname, degli avatar, delle identità fittizie ovunque è un sintomo evidente del degrado.
Su Internet nessuno sa che sei un cane è passato da vignetta divertente a plumbea e deprimente realtà.
O almeno così mi sono sentito raccontare oggi, da una conoscenza occasionale.
A un mercatino balneare dell’usato ho recuperato per cinque euro una copia di Una storia intricata, di Lewis Carroll, edito da Stampa Alternativa nel 1998, prezzo originale dodici euro.
Apple Silicon consuma meno a pari potenza ed è più potente a pari consumi.
Ma come si fa a dire se è vero, con benchmark semiaddomesticati, spesso dissociati dall’uso reale, a volte truccati all’origine, cui si fa dire tutto e il suo contrario? Diceva uno, basta torturare i dati abbastanza a lungo e diranno tutto quello che vuoi.
Al che si va da Amazon, che di mestiere tra varie altre cose vende cloud, e si chiede a lei.
In visita al
Museo del Balì, veramente raccomandato nonostante mi risulti praticamente sconosciuto fuori dai dintorni, e poi cena in direzione del porto, con musica dal vivo.

Chi fosse in cerca di un concentrato di saggezza per il weekend, può cavarsela con una lettura da cinque minuti scarsi:
di iPad e degli sviluppatori. Gli sviluppatori sono il pretesto, perché il post – forse inconsapevolmente mette nero su bianco alcuni fondamenti della cultura Apple che valgono per tutti e che non si riesce mai a dare per scontati anche dopo anni e anni. Per dire:
Apple è una Experience Company. Molto similmente a Disney, Apple vende sogni. Vende a partire da un’idea, da un’esperienza curata di che cosa nella loro visione dovrebbe essere il computing.
Ricevo un messaggio su
Slack: Ciao, mi puoi girare il tuo numero di telefono che ci sentiamo per la questione?
Sono davanti a Slack e,
come scrivevo, ho un pulsante di chiamata a disposizione immediata. Lo uso, ma non c’è risposta.
Arriva più tardi: Le chiamate di Slack non mi funzionano molto bene. Ci sentiamo per telefono tra una mezzoretta?
Rispondo: Va bene! Chiamami tu per favore. Grazie!
Più tardi ancora arriva questo messaggio su Slack: Scusa ma ho il telefono su cui aspetto una chiamata, possiamo fare su Slack?