Si parla sempre dei buoni propositi come se scattassero all’inizio dell’anno nuovo, quando è evidente a tutti che non se ne parla prima che le feste le portino via.
Il che puntualmente accade ed eccoci qua, a doverlo fare per davvero. Per cui ho cercato di darmi poche indicazioni ad alta probabilità di essere realizzate.
Per prima cosa, voglio scrivere qui ogni giorno. Impegnativo, ma non impossibile. Niente mi disturba più che non avere un post per il giorno che arriva.
Secondo Sensor Tower, il giorno di Natale
si sono spesi in app 277 milioni di dollari, con un incremento dell’11,3 percento sul 2018.
Il 70 percento della spesa è stata effettuata su App Store, per un valore in crescita del 16 percento anno su anno. Il resto è andato su Google Play Store, che è cresciuto del 2,7 percento.
Il numero di apparecchi iOS è una frazione di quello Android, ma genera ancora una volta molta più spesa e, nel caso, molti più regali. Le previsioni che davano nel lungo termine un pareggio o addirittura un sorpasso di Android su iOS in termini economici, sono diventate a termine ancora più lungo.
Altra perla dall’
articolo di Mit Technology Review dedicato al digitale che penalizza gli studenti:
Secondo altri studi, gli studenti di college negli Stati Uniti che hanno usato laptop o apparecchi digitali nelle loro classi hanno fatto peggio al momento degli esami.
Ohibò, pare grave. Sembrerebbe che sia meglio fare a meno del computer se si vuole avere successo all’università. Proviamo a continuare la lettura:
Gli studenti che hanno sostenuto Algebra I online hanno fatto molto peggio di quelli che hanno frequentato il corso in persona.
Si accennava al
discorso di Capodanno più interessante letto finora, quello di Fabrizio Venerandi sullo stato della nazione degli ebook.
Triste stato e discorso ampiamente condivisibile. Parliamo di un fallimento generale a tutti i livelli, dall’ultimo lettore al primo dei programmatori, nel provare a superare il libro di carta anziché farne una copia in digitale e nel farlo perdere i vantaggi della carta intanto che si sprecano le opportunità del digitale.
Va letto tutto, assimilato e metabolizzato per poi trasformarlo in energia: fare un passo avanti nel creare il solito ebook, fare una richiesta in più al proprio editore, insistere a scuola, in ufficio, ovunque abbia un senso. Così come sono, a qualsiasi livello, gli ebook non vanno, punto.
Assieme agli anni Dieci possiamo lasciarci alle spalle anche gli analisti.
Su Asymco Horace Dediu ha chiamato le carte in modo direi definitivo e il bluff regge solo per chi ci vuole credere ancora, a tutti i costi (letteralmente: si fanno pagare), chissà perché.
In
Analista, analizzati Dediu espone la verifica dei pronostici degli analisti sul titolo Apple a dodici mesi, formulate dodici mesi fa, confrontabili oggi con la realtà. Basta una riga:
Edoardo ha anticipato gli anni Venti con
un post su Facebook che ha suscitato alcuni commenti molto interessanti e che meriterebbero di portare la discussione lontano, anche sul versante del fare:
Staccare la discussione da dove è originata non sta bene e riporterò lì le informazioni salienti di questo post. Il fatto è che Facebook è un luogo senza memoria e questo pretesto è ottimo per mettere già in modo ordinato alcune cose che altrimenti continuerebbero a ballare nella testa.
App che risultano essere le più inutilmente fastidiose nel momento in cui cambi computer da tasca, riparti da un backup e ti aspetti di essere operativo dal primo momento, senonché ti mettono in mezzo ostacoli procedurali di classico cattivo design: PosteID e WhatsApp a pari merito.
Motivazione: invece di considerare i problemi di sicurezza di un cambio di apparecchio e risolverli con un design sagace al servizio dell’utente, scaricano sull’utente stesso ogni difficoltà di gestione, con la stessa mentalità degli uffici statali degli anni settanta.
Sono finiti gli anni Dieci, non è finito il secondo decennio del secolo, a dispetto di qualsiasi cosa si leggerà.
Proviamo a semplificare per il cenone: sono stati gli anni del touch.
Gli anni Zero sono stati quelli dei social. Gli anni Venti saranno quelli della voce.
Gli anni Novanta quelli di Internet. Gli anni Ottanta quelli del mouse. Gli anni Settanta quelli della tastiera.
La storia umana degli ultimi cinquant’anni descritta attraverso le interfacce dominanti. E devono ancora arrivare i primi.
L’azienda più cenerentola, odiata e derisa dagli omologati è diventata in vent’anni il centro della tecnologia digitale e si capisce come i giudizi, se formulati da gente con una vita di informatica sulle spalle, possano non essere del tutto ragionati.
C’è però un limite a tutto. Apple fa cose cattive, cose discutibili (che meritano una discussione) e cose buone. Come tutti. Quando fa cose buone in modo speciale, prende le distanze e vola via, da sola. In altre situazioni fa parte del nostro mondo.
Dopo anni di comunicazione pro-tecnologia, stiamo entrando in un’epoca di comunicazione anti-tecnologia e che questo succeda anche parlando di scuola mi rende perplesso.
Si prenda un articolo come quello di Mit Technology Review, mica gente scappata di casa:
Come la tecnologia in classe tiene arretrati gli studenti.
Gli educatori amano gli apparecchi digitali, ma ci sono poche prove che aiutino i bambini, specialmente quelli che ne hanno più bisogno.
Vero che non siamo in Italia: da noi scrivere che gli educatori amano gli apparecchi digitali è falso almeno nell’ottanta percento dei casi e credo di essere ottimista.