Apparentemente si potrebbe dire che il mondo soffre di tanti problemi. La realtà è che tutto ha cominciato ad andare a rotoli quando è uscito Windows con il pulsante di pareggio nelle finestre. (Sì, una volta si giocava al
Totocalcio, il pronostico di pareggio si scriveva X).
Come il peggiore retrovirus, il pareggio si è infiltrato nella totalità del sistema, comprese le finestre modali. Quelle dove devi per forza effettuare una scelta prima di proseguire il lavoro.
Di digitalizzazioni se sono viste oramai tante, probabilmente mai a questo livello di definizione. Ammirare
La ragazza con l’orecchino di perla a una risoluzione di oltre novantatremila per centoottomila punti significa poter veramente osservare altro che la pennellata, ogni singola goccia di colore depositato sulla tela.
Sono dieci miliardi di pixel, o gigapixel che dir si voglia. Inutile pensare che l’emozione di vedere l’opera così dettagliata in digitale possa superare l’esperienza della visione dal vero del quadro, al
Mauritshuis di The Hague. È altrettanto vero che, dal vivo, non è possibile guardare il quadro in questo modo.
Tantissimo tempo che non passavo sulla pagina
Open Source Mac. Era quasi un rito di passaggio, una volta, per chi accendeva un Mac.
Mi sono autoproposto un test: dei trentotto programmi menzionati nella prima pagina dell’elenco, quanti ne ho almeno provati una volta?
Io, diciannove: cinquanta percento. Chi ha fatto di più?
Facile al giorno d’oggi dare per scontate tante caratteristiche di una presentazione. Equilibrio tra testo e grafica, abbinamento dei colori, utilizzo della tipografia, controllo del livello di sintesi del contenuto, coerenza interna, filo conduttore e così via.
Fino a quando incontri un maestro che, per fare studiare un argomento di geografia, forma gruppi di lavoro, assegna a ciascun gruppo una sezione dell’argomento, indica ai gruppi di collaborare usando Google Diapositive… e sparisce. Nel senso che abbandona i ragazzi a loro stessi e insegna zero rispetto a quello che si deve fare nel produrre slide.
Le storie brevi della Eclectic Light Company dedicate a Mac mi affascinano circa tutte e in questo periodo ne girano alcune anche meglio della media, come la
breve storia dei font in macOS.
Come è consueto per il formato, c’è tutto quello che vale la pena di sapere in formato compatto e svelto, piacevolissimo da leggere. La storia c’è tutta, da quando Macintosh era l’unico computer ad avere un concetto di font fino all’oggi, con la varietà infinita di caratteri e possibilità di cui disponiamo.
Una cosa che non avevo proprio mai considerato:
Pandoc può essere usato con profitto non solo documenti, ma anche equazioni.
Dr. Drang sale in cattedra da par suo e spiega come convertire
LaTeX in MathML con l’aiuto di Pandoc, allo scopo di pubblicare su web equazioni perfettamente formattate come quelle che si vedono sul suo blog.
Nulla è perfetto, nemmeno Pandoc, e c’è sempre qualche sistemazione di dettaglio prima di avere un lavoro perfetto in ogni condizione di complessità. Però, accidenti se aiuta e gli script e i consigli di Drang saranno di aiuto a più di qualcuno.
Ho dato l’addio alla mia veneranda
AirPort Express.
Si accende ma, dopo trenta secondi di led giallo, la spia si spegne e non accade più nulla. Ho provato tutti i reset possibili per il modello, a lasciarla riposare e raffreddare, cambiare cavo e presa, ma niente. Questo post è il suo canto del cigno e, d’altronde, da anni stava a valle di un modem comunque provvisto di Wi-Fi. Siamo passati alla rete Wi-Fi del modem e tutto funziona. Anzi, andiamo a cinque gigahertz.
Ho provato a pensare al volo quale sia la differenza principale tra bundle, package e framework in macOS.
Non ce l’ho fatta.
Ci ha pensato The Eclectic Light Company, con un
articolo quasi risolutivo. Quasi perché le differenze consistono principalmente nella struttura interna dei tre componenti. Solo che uno può stare dentro l’altro e ci sono eccezioni.
Ho provato a sintetizzare ulteriormente l’articolo ma è impossibile o quasi.
In nome del secondo quasi raccomando la lettura dell’articolo, se anche minimamente interessati alla struttura interna di macOS.
Un matematico di grande reputazione pubblica su un social la tabella delle sue elaborazioni riguardanti un prossimo evento di grande rilevanza.
Affida la creazione della tabella a ChatGPT.
Tre quarti delle colonne della tabella hanno il totale sbagliato.
Così grande era il bisogno di affidarsi a un chatbot, nell’immensità del mare dei dati, che me ne sono accorto in dieci secondi, perché per curiosità ho provato a sommare i numeri a mente.
L’informatica personale esiste da decenni e ci sono due manie che permangono nonostante gli ormai numerosi esiti di realtà che dovrebbero meglio consigliare: l’inchiostro elettronico e il telefono stupido, o dumb phone.
Abbiamo toccato un apice con la presentazione di un
dumb phone a inchiostro elettronico: schermo come la carta, è più piccolo della media e fa meno cose.
Vorrei chiarire che sono due ottime idee. Come la realtà virtuale e l’automobile volante. Ottime idee le cui lacune hanno impedito finora una commercializzazione di massa.