Presumo che ciascuno conosca un programma per realizzare presentazioni in Markdown dentro il Terminale e dal Terminale erogarle.
Quindi colmo la lacuna da parte mia e introduco
presenterm.
La parte che mi intriga è l’inserimento nelle slide di snippet di codice e di funzioni che possono cambiare l’effettivo contenuto della slide in base alle condizioni. Ci sono vari altri punti di interesse e la documentazione è ottima e abbondante per approfondire, come gli esempi già pronti e anche una demo.
John D. Cook ha scritto un sintetico post sulle
differenze tra token e parole che renderei obbligatorio nelle scuole. O almeno per iscriversi a Facebook.
Le presunte intelligenze artificiali non ragionano per parole (word) ma per frammenti (token). Un token può corrispondere a una parola e, sulle parole comuni, accade molto spesso. Più una parola è rara e maggiore è la possibilità che sia spezzata internamente in tanti più token.
Anche dove un token corrisponde a una parola, corrisponde a un particolare uso di quella parola. Nella frase Hello world!, il token 1917 (nel motore usato da Cook) corrisponde a “ world”. Notare lo spazio. Se all’inizio di un’altra frase world compare all’inizio e quindi è scritto World con la W maiuscola, il token relativo sarà 10343. A una singola parola potrebbero corrispondere numerosi token, uno per ciascun particolare utilizzo.
È dai tempi del fiasco sulle elezioni presidenziali americane del duemilasedici che Nate Silver è uscito dalle mie preferenze informative. L’uomo che aveva previsto brillantemente i successi di Obama aveva fatto lo stesso, solo con Hillary Clinton e
vedere nella notte prendere forma il risultato opposto, nonostante il wishful thinking che la redazione continuava a mostrare un articolo sull’altro, con risultati sempre più grotteschi.
Il sito è FiveThirtyEight, fondato proprio da Silver. Anzi, era, perché gli editori attuali
hanno licenziato il personale e chiuso tutto. Cose che capitano, con mille ragioni. Spiacevoli, spesso inevitabili. Cambiano anche i venti della politica, certe cose non vorremmo mai vederle, tuttavia accadono e dobbiamo farcene una ragione.
Ci si accontenta anche di poco e oggi mi accontento della notizia che, il 28 marzo,
torna Friday Night Baseball su Apple TV+.
Sono annunciati contenuti speciali per Vision Pro come novità. Mi accontento anche solo delle partite.
Apprendiamo dal Guardian di una famiglia inglese, disperata perché la figliola di otto anni
ha speso in novanta giorni ottomilacinquecento sterline attraverso il proprio iPhone, mandando denaro su svariati canali YouTube (sì, il titolo del giornale chiama in causa App Store, che c’entra zero).
Da padre, massima solidarietà alla famiglia e critica severa ad Apple che ha mostrato ben poca comprensione e ha rimborsato solo una parte degli acquisti effettuati davvero su App Store, poche decine di sterline. Certo, se ci si mettono tutti poi è un disastro; certo, ci sono le salvaguardie; certo, certo, però capisci se hai davanti un nucleo di truffatori oppure due genitori sprovveduti e agisci come deve fare una Apple, cioè fare la cosa giusta. Altrimenti fai una brutta figura.
Parliamo di un film di animazione che ha vinto oltre sessanta premi, tra cui un Golden Globe, e raccolto due nominations agli Oscar.
Un film realizzato in cinque anni e mezzo che è costato tre milioni e settecentomila dollari,
meno della cinquantesima parte di quello che è costato
Inside Out 2 di Pixar.
La ragione è principalmente l’utilizzo di
Blender, sistema di modellazione 3D, open source e
ufficialmente sostenuto da Apple.
Non proprio tutti abbiamo in tasca quattro milioni di dollari. In compenso, chiunque di noi potrebbe girare un
Flow lavorando dal proprio Mac. In cinque anni, di difficoltà se ne superano.
Anche se fanno finta di niente, gli editori di libri sono mediamente consci di una cartella condivisa Dropbox piuttosto nota, contenente una generosa quantità di ebook spesso artigianali che riprendono titoli di grande lettura e diffusione.
Per qualche tempo mi trovai anche ad adottare una copia de Il nome della rosa, eliminando i refusi provenienti dalla scansione delle pagine originali e razionalizzando la struttura dell’ebook.
Niente rispetto a Z-Library, della quale colpevolmente ho saputo da poco. Il nome evoca purtroppo malaugurate operazioni militari speciali, però esiste da più tempo e riguarda semplicemente un immenso deposito di libri e media messi a disposizione, ehm, gratis.
Sarebbe un post per tutti anche se parliamo di oggetti per pochissimi. Serve pazienza.
Heroquest è l’anello di congiunzione tra gioco da tavolo e gioco di ruolo. Il gioco avviene su una plancia, come in un boardgame; riguarda l’avventura di un party di quattro eroi che esplorano un sotterraneo alla ricerca di mostri da sconfiggere e tesori da conquistare.
In accordo ai principî elementari del gioco di ruolo, gli eroi hanno una scheda personaggio che si arricchisce avventura dopo avventura di esperienza, tesori e oggetti magici. Il gioco base conta quattordici avventure nel corso delle quali le capacità degli eroi crescono, così come le minacce da affrontare e il valore delle ricompense. Ogni avventura dura una o due ore e quindi l’identità di un eroe si conserva tra una partita e l’altra, senza resettarsi. Si usano dadi per determinare l’esito delle azioni degli eroi e un giocatore prende le parti del master: conosce la mappa del sotterraneo e i pericoli che nasconde, tira i dadi per i mostri e li muove. Se la logica piace, sono in commercio innumerevoli espansioni con nuovi eroi, nuove mappe, nuovi oggetti magici, nuovo mostri. Nulla vieta a un bravo master di inventare tutto questo per conto proprio ed esistono vari forum (tra cui uno
italiano) per chi sia a caccia di idee. Insomma, ci si può giocare per una vita, boardgame a tema avventuroso fantasy con una spruzzatina di role-playing. (Per gli amanti della fantascienza gli stessi presupposti alimentavano
Starquest, credo disponibile oggi solo nell’usato).
Anche se capita di rado, capita: avevo bisogno di collegarmi a Mac da iPhone via ssh.
Prompt non è partito. Ho cercato aggiornamenti, ma non c’erano. Ho provato a raggiungere App Store dalla pagina degli acquisti ed era impossibile.
Mi è già accaduto tale e quale con un’altra app ed è il modo dell’ecosistema di dire che si è persa la compatibilità.
Mi dispiace un po’ perché ho sempre apprezzato Prompt, tuttavia non sono nella necessità di sottostare alle
pretese invero eccessive di Panic relativamente alla nuova versione.
Continuerò per certo a scaricare video e audio da Internet, come faccio
da tempo, attraverso
yt-dlp che è efficace, perfetto per le mie esigenze, semplicissimo da usare per impieghi di base come i miei, di ingombro irrilevante sul disco.
Ciò non toglie che uno possa a buonissimo diritto chiedere una interfaccia grafica per fare le cose in punta di mouse, in modo rassicurante e pure esteticamente gradevole.
Uno sta chiedendo
Downie, anche se non lo sa.