Una esperienza molto concreta che posso aggiungere al mio
sproloquio su come cambiano le interfacce e la modalità di utilizzo.
In questi giorni ho lavorato da iPad molto più del solito e una delle missioni più importanti consisteva nel produrre articoli a partire da una serie di materiali riguardanti un evento. lista di Link, lista di nickname Twitter, immagini, testi.
Il lavoro non aspetta e di volta in volta mi trovavo a produrre su Mac oppure su iPad. È successo anche di apportare ritocchi mentre attendevo alla classica fermata dell’autobus, su iPhone. Sempre a partire dallo stesso insieme di materiali, da cui di volta in volta prelevavo parti differenti oppure compivo elaborazioni che ampliavano l’insieme stesso.
Qualsiasi cosa verrà annunciata al
Wwdc che comincia il 10 giugno prossimo, ho già una curiosità appagata. Sul
sito di Swift infatti si trova già la versione superprovvisoria e nientecollaudata della versione 3 del più recente linguaggio di programmazione di Apple. Nessun dubbio che al raduno dei programmatori si parlerà appunto (anche) del linguaggio di programmazione.
È importante perché la diffusione di Swift, diventato open source e per esempio disponibile per Linux, sta facendo
passi da gigante. Avevo già ricordato di come Ibm
lo abbia adottato per sviluppare applicazioni dentro la sua infrastruttura cloud. Sono nate iniziative perfino curiose, come la possibilità di
provare Swift direttamente dal browser. Persino su iPad, a
ennesimo dispetto di chi lo reputa inadatto alla programmazione.
In riferimento alle mie
avventure con il muletto, ho passato del tempo apprezzabile sul virtualizzatore Android
BlueStacks, sollecitando di conseguenza la scheda grafica.
Ancora una volta, un MacBook Air 13” di metà 2012 come minimo pareggia, forse supera, il mio MacBook Pro 17” di inizio 2009. Prossima avventura,
VirtualBox, che dovrebbe essere un compito ancora più pesante. Riferirò.
Comincia il periodo che considero estivo nel senso che più facilmente mi trovo con una connessione debole e, per quanto ci sia sempre da fare fino ad agosto, le giornate sono più lunghe e viene più voglia di combinare qualcosa di extra.
Da tempo volevo provare a impratichirmi di
Go e ho trovato
Dragon Go Server, sito spartano ma funzionale, che permette di trovare avversari e misurarsi su plance di qualsiasi dimensione. Sto giocando la mia prima partita contro un avversario sconosciuto, su una plancia 5x5: la più semplice che abbia un senso (si può giocare a Go su una 3x3, ma la partita perde rapidamente interesse dopo la prima mossa).
Ogni tanto sento preoccupazioni per come le informazioni digitali che creiamo verranno preservate per i posteri, e come saranno leggibili se mancheranno le macchine originali che le hanno create eccetera.
Poi vedo
ZEsarUX. Non l’ho ancora provato estesamente, ma una scorsa alle specifiche lo presenta come l’emulatore Spectrum più completo e versatile che sia uscito finora. Dire Spectrum è pure riduttivo, dato che il numero delle macchine effettivamente emulate va ben oltre.
Il mio epico
MacBook Pro 17” (inizio 2009) è fermo ai box per un problema di degrado della tastiera. In attesa di riavere il computer con una nuova tastiera (reperibile su Internet per una ventina di dollari), sto usando come muletto un
MacBook Air 13” (metà 2012).
Mi è venuto questo pensiero. Amo
Editorial eppure ho praticamente smesso di usarlo per i suoi problemi ricorrenti di sincronizzazione con Dropbox e, in modo complementare, per la mancanza di sincronizzazione di iCloud. Al suo posto utilizzo
Drafts, anche se non ho il pattern di utilizzo adeguato per abbonarmi e quindi lo tengo in modalità gratuita.
L’autore, Ole Zorn,
ha già fatto sapere di non avere al momento intenzioni di aggiornare l’applicazione. È in un periodo di scarsa attenzione allo sviluppo, che si può permettere dal momento che
Pythonista continua a vendersi su App Store e
gli paga tuttora le bollette.
Conforta vedere che cambiano i secoli, le piattaforme, gli equilibri, le tecnologie, i trend tecnologici, ma il modo di preparare una recensione cialtrona e imbecille lo si trova comunque.
Esempio pronto in tavola quello di Engadget che presenta lo ZenBook 3 di Asus:
più sottile, leggero e veloce di MacBook.
Che roba, eh? Un altro mito che crolla. Poi uno legge le differenze: 13,61 grammi. 1,3 millimetri. Sfido qualunque essere umano bendato a percepire la differenza. Sulla velocità, il processore è superiore e vabbeh, come se fossero computer, quelli alti un centimetro, il cui compito è lavorare di fatica.
Per alzare la mano durante l’ora di matematica e dire che prof, esiste un sistema di calcolo algebrico computerizzato open source che si chiama
Maxima e funziona su Windows, su Mac e su Linux. Potremmo fare lezione con quello, invece che scarabocchiare con il gesso e pasticciare sui quaderni a quadretti.
Oltretutto è scritto in Common Lisp, che significa nulla dal punto di vista dell’utilizzatore ma a me fa simpatia a prescindere. Che si fa, prof? Lo scarichiamo?
Si nota subito il titolo: La clessidra del tempo, come se ve fossero altre. (Varianti sul tema: La bilancia del peso, La lampada della luce, La ruota che rotola).
Il settore, messo alle strette dalla crisi, si riscatta con ricerca e tecnologia.
Veramente? L’inserto del Corriere è di settantadue pagine, delle quali due dedicate ai computer da polso. Uno di questi, nel 2015, ha venduto per sei miliardi di dollari. Rolex, per dire,
ne ha totalizzati quattro e mezzo.