Brillare nel Terminale significa anche frequentare assiduamente l’ambiente e familiarizzare abbastanza a lungo con le creature che vivono attorno alla riga di comando.
È questo il motivo che ci sono alcuni comandi che proprio si rifiutano di entrarmi in testa. Non ci gioco per il tempo necessario e con la giusta regolarità.
La sineddoche di questa categoria, per quanto mi riguarda, è find.
Per questo invidio follemente operatori come John D. Cook che si permettono di iniziare
un post in questo modo:
Chi va piano va sano e va lontano: è stata annunciata
la prima versione Release Candidate di Gimp 3.
Non manca molto a Gimp 3.0 definitivo e d’altronde sembrerà un tempo vertiginosamente veloce per chi ha seguito tutti gli aggiornamenti di Gimp 2.x ma aspettava con trepidazione migliorie e aggiunte calendarizzate per la terza major release.
Dalla prima versione di Gimp 2 a oggi sono infatti passati vent’anni.
Sembra ieri che gli scettici dicevano dell’open source e poi che cosa succede se improvvisamente smettono di sviluppare il programma che mi serve?
Notizia che fa rumore: l’amministratore delegato di Google spiega che
più di un quarto del codice sviluppato internamente è generato dalla sedicente intelligenza artificiale.
Notizia che si perde nel rumore di fondo: il capo dei ricercatori di Google
dichiara che il coding è importante quanto la matematica e che chiunque dovrebbe imparare a programmare. Di più:
Oggi più che mai, si aprono molte più opportunità su cui costruire partendo dalle conoscenze di base.
Come usare due monitor 4k affiancati. Io ne uso uno e mi sembra tantissima roba, tanto che inizialmente progettavo di aggiungere un secondo monitor, per poi rinunciare, dato che avevo già tutti i pixel che potevo desiderare.
Naturalmente ci sono flussi di lavoro dove veramente i pixel non bastano mai e da questo punto di vista sembra molto interessante la nuova funzione di Vision Pro, che con la nuova versione di visionOS riesce a fungere da schermo esterno per un Mac, con le opzioni di schermo Wide e Ultrawide.
Recentemente si è tenuta una elezione di discreta importanza in un Paese lontano. Ho letto il pronostico finale formulato da
FiveThirtyEight, non gli ultimi arrivati: cinquanta contro cinquanta.
Mi sono scandalizzato: cinquanta a cinquanta dovrebbe essere il pronostico iniziale, quello che esprimerebbe il
marziano di Flaiano appena atterrato a Roma, ignaro di tutto.
Dici: si saranno sbilanciati. Il loro lavoro consiste nel fare una previsione. Se siamo in parità, metà dei pronostici si sbilanceranno a vincere e l’altra metà a perdere, dato che l’evento campionato prevede quasi sempre una vittoria, anche se i voti sono spartiti in ugual misura. Esiste la possibilità del pareggio, che tuttavia si è verificata con frequenza trascurabile al punto da sembrare nulla.
Nick Heer ha postato su Pixel Envy un bel
riassunto del dibattito innescato dall’endorsement elettorale pubblicato dal New York Times: centrotredici parole che comprendevano ben ventisette link.
Una rappresentazione spettacolare della potenza dell’ipertesto, che i social si sforzano di farci dimenticare e tutto sommato neanche le persone normali applicano con tutta questa passione.
Come ha scritto a commento John Gruber, se lo scrivere una pagina è una faccenda bidimensionale, allora lo scrivere un ipertesto è un agire in tre dimensioni. Non è difficile immaginarsi strati di pagine tra i quali corrono link su link che, al pari dei wormhole teorizzati dagli astronomi, sono capaci di farci cambiare universo (di lettura) in un attimo.
La faccenda dei
Surface buttati in pasto alle squadre di football americano professionistico e ridicolizzati per la loro inutilità è abbastanza vecchia da avviarsi verso la prescrizione.
La verità galleggia e spesso arriva dal basso. Così apprendiamo che quest’anno
tre team universitari hanno iniziato a usare iPad a bordo campo.
Se si gratta via la crosta di Apple Newsroom, che si perde a spiegare come mai il nuovo schermo nano-texture di iPad Pro permetta di guardare un replay ai bordi del campo anche con il Sole a sfavore, si possono leggere i pareri tecnici, un po’ più rilevanti, come quello di Mike Saffell, allenatore dei tight end (ricevitori in profondità) della squadra di California Berkeley:
C’è una corsa contro il tempo di cui ben pochi si curano, il cui traguardo è
preservare cinquantasei giochi per iPod, pubblicati tra il duemilasei e il duemilanove ed esclusi da iTunes Store nel duemilaundici, quando da tempo nessuno più si curava dell’esistenza dei giochi stessi o persino degli iPod clickwheel, quelli con la magica rotella cliccabile.
Il fattore tempo è costituito dal Drm di iTunes, FairPlay. Il possessore di un gioco per iPod ha in mano un file Ipg che lo lega all’account usato per l’acquisto e anche allo hardware su cui è stato installato.
Le affermazioni di questo post sono complicate da verificare tutte con piena sicurezza e, siccome le viste sull’argomento sono eterogenee, per qualcuno l’argomento è di importanza relativa o nulla.
Per altri invece, l’idea che macOS possa
attivare a nostra insaputa il Portachiavi iCloud può essere fastidiosa o anche orrida; qualcuno si dà da fare attivamente per non avere replica sul cloud delle proprie password e si tratta di una posizione del tutto rispettabile.
Ho scoperto che la pagina web della mia newsletter preferita in assoluto inibisce la selezione del testo e quindi la copia negli appunti.
Mi serviva una riga da citare e non mi sono certo fatto problemi: l’ho acquisita come schermata, che in un lampo Anteprima ha trasformato in testo.
Poi ho pensato a quali altri modi avrei potuto usare, anche assurdi o sproporzionati, per ottenere lo stesso risultato.
Per esempio, salvare la pagina come Archivio Web mi avrebbe permesso di selezionare il testo. Anche salvarla in Pdf.