Praticamente stavo per tradurre un capitolo intero o quasi di Concetti fluidi e analogie creative e probabilmente finirò per farlo, ma ora mi accontento del sunto seguente.
Per una sedicente intelligenza artificiale odierna, le parole non sono concetti, ma stringhe: caratteri uno dietro l’altro, in quanto tali, senza un qualunque straccio di motivo.
Mentre noi umani facciamo una distinzione immediata tra carbonara e pneobanen e magari ci viene pure appetito, per un software di oggi non c’è alcuna differenza di partenza.
Grandi piani per l’innovazione digitale, che ruotano spesso attorno alla app IO, indicata come tramite per pagare, prenotare, gestire, certificare, dire-fare-baciare.
Ecco la pubblica amministrazione al lavoro per dare alla app tutte le funzioni che cambieranno per sempre il rapporto tra Stato e cittadino.
Uno dei modi di generare fumo attorno a un argomento è alzare il livello del discorso fino al punto che nessuno più è in grado di seguirlo compiutamente.
Per esempio, tale Christopher D. Manning, secondo il quale
non possono esserci dubbi sul fatto che i modelli linguistici preaddestrati imparino significati.
Imparare significati, nel quadro delle ricerche sull’intelligenza artificiale, è una cosa grossa. Manning deve essere un luminare, poiché il suo articolo su Dædalus (che già non è Hardware Upgrade) è un saggio ponderoso sulla storia dell’elaborazione del linguaggio naturale e sulle sue applicazioni in ambito, appunto, di sistemi informatici pensanti, senzienti, autocoscienti, quello che si vuole.
Devo fare parzialmente marcia indietro sulle mie affermazioni riguardanti FreeCiv per Mac, perché non mi ero accorto di come l’unica immagine montabile per Mac sia, per ora, quella della beta del gioco e, in particolare, del fatto che proprio non parte, meglio, parte e si chiude immediatamente.
Privo di qualunque voglia di investigare sulle cause, ho ripiegato su Homebrew, sistema che è stato sempre disponibile. Dopo l’insuccesso della beta volevo però verificare che funzionasse davvero.
Qualunque altra notizia sia all’ordine del giorno, oggi esce la nuova puntata di A2, il podcast di Filippo e Roberto che stavolta mi ha visto sentito, spero, gradito ospite a parlare di intelligenza artificiale (vera e surrettizia), da ChatGpt in tutte le direzioni.
È un settore letteralmente in ebollizione ma resto convinto che abbiamo detto cose interessanti. Vivo di testo scritto e la voce mi fa sempre un effetto particolare, non capisco mai se vergognoso o esaltante o entrambe le cose.
Maximum Pc e MacLife (già nota come MacAddict) hanno distribuito negli Stati Uniti i numeri di aprile, in edizione cartacea oltre che online.
Sono gli ultimi numeri in edizione cartacea delle due riviste, che altrimenti continueranno a pubblicare in digitale.
Sono le ultime riviste di computer negli Stati Uniti ad avere (avere avuto, da domani) una edizione cartacea.
Harry MacCracken riassume su Technologizer la fine delle riviste di computer in America e la giusta dose di storia del settore, nonché di come siamo arrivati alla situazione attuale.
I traduttori l’hanno reso in italiano in diversi modi; è l’inizio di Jabberwocky, la poesia di Lewis Carroll dedicata a un animale fantastico, il Jabberwock, scritta in un misto di inglese e una lingua inesistente, comprendente termini fantastici assenti da tutti i vocabolari.
Che accadrebbe se lo stesso principio fosse applicato a una avventura testuale?
È successo ed esiste. Chiunque può imbracciare il browser e giocare a The Gostak, accolti da questa descrizione iniziale:
Più che la cattiva educazione o l’aggressività latente, mi preoccupa dei commenti su Internet il livello di ignoranza che lasciano trasparire. Lo strumento in sé, lo sappiamo, è uno strumento ed è notorio che, in quanto presente sulla rete, verrà abusato da qualcuno. Il punto è la base culturale di chi ne abusa.
Su Hardware Upgrade è stata ripresa una dichiarazione di Warren Buffett, questa:
Se qualcuno ti offrisse 10 mila dollari per non comprare mai più un iPhone, non accetteresti.
Sembra innocente, questo racconto di come a Tailscale abbiano risolto un paio di bug grazie a comandi Unix open source sviluppati da Apple in supporto ai propri sistemi operativi.
I sottotesti invece offrono spaccati dell’ecosistema che restano regolarmente fuori dalle narrazioni ordinarie.
Apple sviluppa open source, per esempio, e non sotto forma di carta moschicida per sviluppatori o per spingere gli utenti verso i propri prodotti. È vero open source, a disposizione di tutte le persone di buona volontà, con funzioni di supporto o soluzione di problemi.
Oggi BBEdit compie trentuno anni, che per un software, per giunta indipendente, per giunta al quadrato solo Mac, equivarrebbero forse a centocinquanta per un umano.
Però preferisco pensarlo come se fosse un umano, nel fiore degli anni, con un grande avvenire davanti.
Auspico che metta infine la testa a posto, si prenda le sue responsabilità e nel dovuto tempo di gestazione ci faccia nascere una bella versione per iPad, che la aspetto da sempre.