Ieri si parlava di una sequenza di numeri presentata da Douglas Hofstadter in Concetti fluidi e analogie creative: 0, 1, 2, 720!…
(720! è il fattoriale di 720, ovvero 1 x 2 x 3 x 4 x 5 x 6 x 7 x 8… x 720).
La sfida era, in parte, risolvere la sequenza e capire la regola che la governa e, soprattutto, riflettere su come agiamo e pensiamo per riconoscere lo schema nascosto da indovinare, alla luce del fatto che una supposta intelligenza artificiale è rimasta lontanissima da una soluzione efficace.
Sì, continuo a riscoprire Concetti fluidi e analogie creative. Nel 1977 Douglas Hofstadter era assistant professor presso l’Indiana University e aveva appena cominciato ufficialmente la propria attività di ricerca sull’intelligenza artificiale.
Uno dei primissimi progetti consistette nel chiedere agli studenti del corso di computer science di scrivere un programma il più possibile capace di riconoscere pattern lineari. Per esempio, guardare una sequenza di numeri e capire che regola governa la loro successione.
Subito dopo avere apprezzato la capacità di Internet di far trovare articoli di divulgazione che vale la pena leggere, ecco che Matt Birchler mi regala una piccola gemma come La coincidenza della nuova generazione.
Ora bisogna sapere che la catastrofe più sottovalutata nel dominio dell’analfabetismo numerico è la mancata comprensione del concetto dì probabilità. E Birchler smonta in pochi paragrafi la superstizione diffusa che vuole l’Algoritmo padrone nostro malgrado del nostro conversare, in grado di proporci il detersivo per piatti un attimo dopo che ci siamo lamentati della sua mancanza in casa, o cose del genere.
La capacità di divulgazione che Internet consente è uno dei motivi per i quali la rete dovrebbe essere dichiarata patrimonio assoluto dell’umanità e qualsiasi regime intento a erigere firewall punitivi o a tagliare cavi sottomarini o a isolarsi dal traffico globale venire sanzionato con la massima durezza.
Perché su Internet è facile perdersi e finire in aree micidalmente vuote di valore. Oppure imbattersi in articoli come quello di Julia Evans sul perché un byte è fatto da otto bit.
Dice l’anziano-dentro, non sono più i tempi di una volta, quando con i computer si poteva smanettare.
Ecco che su Hackaday trovi uno smanettatore impegnato nel progetto che ha chiamato PotatoP. In inglese, potato può essere un dispregiativo per un apparecchio poco prestante o sottoequipaggiato.
Si tratta di un portatile completamente autocostruito, in via di completamento, con schermo in bianco e nero da cinquantatré caratteri per riga, per il quale l’autore ha anche scritto un editor di testo elementare, che fa pochissime cose ma tutto l’essenziale e, sorprendentemente, quanto gli basta per programmare in modo soddisfacente.
Credo di avere raggiunto il livello di saturazione verso le notizie di nuovi editor di testo Markdown che porta ad aprire il portello del forno in cucina, infilare la testa e aprire il gas.
A salvarmi sono l’avere un forno elettrico e che grazie al cielo Internet riesce ancora a regalare eccezioni, come in questo caso scrutch. Un animale curioso e che potrebbe tornare utile pur funzionando via browser, anzi, proprio per quello.
Su Freeform, intendo (e vario altro, come oramai di abitudine). Quello che avevo da dire è entrato più o meno trionfalmente nella cinquantaquattresima puntata del podcast di A2, fresca di pubblicazione, pronta da ascoltare.
Nel fiume di considerazioni, provocazioni, approfondimenti, discussioni, rivelazioni, cazzate emerite, riflessioni, commenti, chiacchiere, correzioni fraterne, anteprime, trucchi e segreti, retroscena e prossimamente, buono o cattivo, quello che non riesco mai a trasmettere pienamente sono la stima e l’amicizia per i due Unici di A2, Filippo e Roberto.
Servirebbe una sterzata di novità presso gli App Store.
Su iOS e iPadOS non accadrà. A riecheggiare la battuta di Ronald Reagan sul debito pubblico americano, App Store è abbastanza grande per badare a sé stesso. Il successo dell’iniziativa è stato siderale e la crescita ha passato ogni limite ragionevole. Il meccanismo ha una inerzia tale che nessun cambiamento radicale ha la possibilità di incidere. Quindi ci terremo il buono e il cattivo, le app più belle del mondo e anche le pubblicità indesiderate, i clonacci, i freemium tossici.
È tornata alla ribalta in modo importante per la mia quotidianità di ieri la Plain Person’s Guide to Plain Text Social Science di Kieran Healy, cui avevo accennato. Per questo motivo:
Si può svolgere lavoro produttivo, aggiornabile e riproducibile con ogni tipo di configurazione software. Questa è la ragione principale per la quale non vado in giro a incoraggiare chicchessia a convertirsi all’uso delle applicazioni che uso io. […] Così questa esposizione non è orientata a convincere alcuno che esista Una Vera Via all’organizzazione delle cose.
Le esperienze personali contano fino a un certo punto. Il campo di gioco è talmente vasto che parlare di vicende vissute da milioni di persone in funzione di quello che è successo a te è semplicemente ridicolo. Ergo, meglio non parlarne.
Ho esperienza personale di visite in Apple Store, a volte per qualcosa di buono – come un nuovo acquisto – e a volte per qualcosa di meno buono, come un guasto o un problema altrimenti irrisolvibile.