ChatGPT non parteciperà a questa
competizione.
Si tratta di ARCathon, una gara creata per incoraggiare il fiorire di intelligenze artificiali autentiche, capaci di risolvere una batteria di test chiamata Abstraction and Reasoning Corpus e messa a punto da François Chollet, figura di punta nel settore.
Ogni tanto si fa il giro del software open source, per via degli obiettivi a lunga scadenza. Nel caso di
Scribus, l’obiettivo è liberarsi dalla schiavitù e dai metodi commerciali molto discutibili di Adobe.
Purtroppo l’obiettivo si allontana; la nuova versione, su un macOS aggiornato, mostra il divieto di accesso sopra l’icona Neanche parte.
Parrebbe che il problema sia l’architettura a trentadue bit.
Non so quanta difficoltà ci sia effettivamente nel convertire il codice a sessantaquattro bit. Su questo Apple fa propaganda, ovviamente, e i suoi proclami sono certamente veri solo e soltanto sulle app di cui parla esplicitamente. Una app che si è convertita a sessantaquattro bit con minimo sforzo e grande facilità, sì, si può convertire in quei termini. Le altre, bisogna vedere.
Ci eravamo
lasciati in sospeso un anno e mezzo fa sulla questione della possibile compatibilità Mac della versione 3.0 di FreeCiv e se ne può annunciare la conclusione positiva:
dal 20 marzo è ripresa la produzione della versione Mac.
Agli ostinati e agli ingegnosi non è mai mancata veramente la possibilità di giocare, grazie anche alla versione solo web del programma; chiaro che una app da far partire con un normale doppio clic è tutt’altro, se parliamo di esperienza utente.
Il 23 agosto 1976 il giornalista e scrittore Tom Wolfe pubblicò sul New York Magazine
Il decennio dell’io, un report che era praticamente un libro su quello che lui chiamò il (terzo) grande risveglio (religioso) americano, dove la religione sulla cresta dell’onda era quella del sé.
Da diversi anni utilizzo il testo di Wolfe (anche
tradotto in italiano per i tipi di Castelvecchi a una cifra modestissima per il suo valore) all’interno di corsi e conferenze. La ragione è semplice: Wolfe vedeva un decennio, ma la verità è che tra poco siamo al mezzo secolo e la religione del sé non mostra alcun segno di tramontare, anzi. È di una attualità tragica e scandalosamente sottovalutata. Forse anche incomprensibile all’interno di certe fasce d’età, che si trovano nella condizione dei pesci a nuoto in una boccia e si fanno domande sul mondo. Che ci sia un fuori dalla boccia, neanche gli passa per la testa.
Capita anche che Apple faccia cose buone e non lo sappia, oppure le tenga nascoste in posti improbabili del sistema.
Ne è prova che bisogna appoggiarsi a persone intelligenti esterne, per esempio Cabel Sasser di Panic Software, quando sostiene che
la gestione delle password di Apple merita una app. Il perché è presto detto, con le sue parole:
Sappiamo tutti che Apple possiede una buona gestione incorporata delle password in macOS e iOS. Ma pochi, molto pochi sanno che la gestione suddetta può anche: autocompletare i codici di autenticazione a due fattori, che si possono agevolmente aggiungere con la scansione di un codice QR; tenere un campo Note in cui aggiungere dati supplementari, per esempio codici di backup, per ciascuna password; e importare password esportati da un’altra app, come 1Password! E tutto si sincronizza attraverso i tuoi apparecchi, gratis?!
Mi sono ritrovato nel centro di Milano ad ascoltare un chirurgo e un ricercatore universitario che hanno capito come collaborare in modo che uno stampi in 3D copie degli organi da operare all’altro e questi ne approfitti per preparare in tempo record le operazioni, formare prima e meglio gli ultimi arrivati eccetera.
Il vero genio sta nella ricerca sui materiali. La copia dell’organo stampata in 3D non è solo conformata come l’originale, ma ha anche una consistenza equivalente. Così, se si tratta poniamo di un fegato, il chirurgo arriverà a quello vero dopo essersi esercitato su quello copiato, in modo verosimile: saprà che cosa aspettarsi e avrà letteralmente già provato ad affondare il bisturi dove poi dovrà farlo effettivamente. Un caso straordinario di tecnologia che migliora la vita di tutti, non ultima quelle del paziente, che aumenta le probabilità a suo favore.
Che gran progresso sarebbe, se disponessimo di un’interfaccia testuale che capisce il linguaggio naturale e ci obbedisse in tutto e per tutto.
Un esempio banale: voglio cambiare finestra di lavoro del computer. Digito un comando tipo change directory, gli dico che directory voglio et voilà, mi trovo nella nuova finestra che volevo.
I recenti progressi nell’apprendimento meccanizzato e nell’addestramento di modelli linguistici rendono uno scenario del genere sempre più vicino e non è escluso che possiamo vedere qualcosa di concreto anche a brevissimo.
Ce l’ho messa tutta, ho ampliato i miei orizzonti o almeno ci ho provato, mi sono sforzato di trovare vie di utilizzo nuove, rivedere i miei processi, sforzarmi di capire. Dopo
un bimestre e oltre, tuttavia, mi sono stufato e ho spento Stage Manager su iPad.
Accetto critiche e suggerimenti e sono pronto a tornare sui miei passi. Continuo a scommettere che, se viene annunciato davvero un visore per realtà aumentata barra virtuale, dentro ci sarà del software che richiama concetti analoghi. Immagino pure che sarà qualcosa di funzionale e perfetto per il nuovo ambiente. Su iPad, ammetto di non essere riuscito a farne utilizzo concreto.
Autodesk ha sempre snobbato Mac in modo tendente al vergognoso, al punto che quasi coglie di sorpresa l’annuncio delle
edizioni di AutoCad e Maya per Apple Silicon.
AutoCad (vale anche per la versione LT) arriva con migliorie varie tra le quali, per chi ci tiene, la lingua italiana. Secondo Autodesk,
le prestazioni su Apple Silicon rispetto alla versione Intel arrivano a raddoppiare.
Non ci sono proclami particolari
rispetto a Maya. Anche qui comunque arriva qualche aggiunta significativa oltre alla compatibilità con Apple Silicon.
In più occasioni avevo già menzionato il
memory Leak di Utility ColorSync, che da qualche versione di macOS impedisce di lavorare artigianalmente sui parametri di codifica dei documenti PDF.
In pratica in MacOS sussiste l’alternativa perfetta alla balena Acrobat. Meglio, sussisterebbe, dato che al momento attuale il programma soffre di un problema serio di allocazione della memoria e nel giro di pochi minuti rende il sistema inutilizzabile, con la memoria applicativa riempita fino all’orlo quando va bene e il disco pieno di RAM inutilmente patinata quando va male. Un buco nero che inghiotte qualsiasi buona intenzione.