Cory Doctorow, ispiratore di
Creative Commons e pioniere di una nuova legislazione più adatta al copyright al tempo dei computer, ora pubblica un libro su
come distruggere il surveillance capitalism: un concentrato di ideologia cieca, pregiudizi, luoghi comunissimi più che comuni, radicalista come chiunque abbia voglia di tutto tranne che di cambiare veramente qualcosa. Il suo bersaglio sono le aziende della Big Tech (che è di moda attaccare) con il loro sistema che finisce per privarci del libero arbitrio a forza di raccolta dati e profilazione.
Evidenza empirica: Teams e Meet consumano circa il doppio della batteria che consuma Zoom.
Non ci si può credere: il servizio è sommariamente identico, eppure c’è una evidente differenza di programmazione sotto al cofano.
Se si sta alla scrivania importa magari poco; in mobilità, non ci sono dubbi sulla scelta ideale e viene naturale anche mettere in secondo piano le perplessità sulla privacy garantita da Zoom.
Fosse per me io farei comunque tutto in
Jitsi. È che tutto non si può avere.
I compiti di un ragazzino vengono massacrati dalla piattaforma di apprendimento remoto su cui si esercita.
La mamma vede che il voto, spietato, compare una frazione di secondo dopo la consegna dell’elaborato e capisce: dietro non ci sono insegnanti ma un algoritmo. E invece di dire al figlio di studiare,
studia lei una soluzione.
Algorithm update. He cracked it: Two full sentences, followed by a word salad of all possibly applicable keywords. 100% on every assignment. Students on @EdgenuityInc, there's your ticket. He went from an F to an A+ without learning a thing.
Ascoltata, invece che letta, è ancora più straordinaria, in senso etimologico.
Se l’inglese è ostico e i sottotitoli di YouTube non bastano, qui sotto c’è un estratto da Macintosh Story: la storia espresso della Calcolatrice Grafica.
Così come la moneta cattiva scaccia la buona nei proverbi, gli strumenti tuttofare soverchiano quelli monofunzione.
Gli strumenti tuttofare sono la piaga della Prima Grande Era dell’informatica, che sarà sì e no a metà svolgimento.
La gente si illude che il principio del coltellino svizzero non sia una brillante idea per affrontare situazioni impreviste di provvisorietà, ma una soluzione sbrigativa a tutti i problemi.
Così si siedono a tavola per mangiare con il coltellino svizzero; riparano un motore con il coltellino svizzero; temperano le matite con il coltellino svizzero; tagliano la carta con il coltellino svizzero. Segano un ramo, ingrandiscono un particolare, aprono una latta con il coltellino svizzero.
All’inizio si sono levate voci critiche su certe opportunità di uso della mascherina. Oggi sappiamo che protegge gli altri, protegge in qualche misura anche chi la indossa e che è fondamentale per ridurre il rischio.
Un lavoro minuzioso e puntuale, attento ai dettagli, con i raffronti giusti rispetto al passato, equilibrato, profondo, competente, il tutto nel rispetto dell’accordo di non divulgazione cui deve sottostare chiunque passi da una beta di macOS.
Il complesso dei commenti letti in queste settimane tende ad aggregarsi attorno a una posizione di questo tipo: Apple ha ragione nel merito (e
incassa neanche il quattro percento dei soldi che girano nell’ecosistema di App Store), ma con il suo comportamento sta recando danno agli utenti e questo è rischioso.
C’è qualcosa peggiore, per divisività e ambiguità del tema, di scrivere su scienza e fede? Sì: scienza e politica.
Perché la politica va per idee, ma i meccanismi della politica vanno per scienza. O dovrebbero ed è già la prima area di conflitto.
Votare, diceva un amico su Facebook, è l’atto politico per eccellenza. Certo. Contare i voti è aritmetica pura; non c’è niente di politico nel conteggio dei voti e, se c’è, puzza.