Mica si vive solo di
Advent of Code, né bisogna per forza affrontare sfide forzatamente difficili.
Ci sono per esempio i
Twelve Days of Shell, l’occasione di imparare qualcosa sulla riga di comando e sul Terminale standone fuori. Sì perché la shell è ricreata nel browser e non crea alcun tipo di soggezione. La shell più confortevole e rilassante di tutte.
Le soluzioni si vedono facili – basta volerlo – e il livello iniziale è buono per chiunque. Come sempre, fare un passo avanti dipende più da noi che dalle condizioni al contorno.
Sono sinceramente convinto che non sia una conoscenza ora necessaria e altrettanto fermamente positivo sul fatto che si tratti di un genere di conoscenza nice to have, che oggi non serve, però sai mai.
E così eccomi ad accennare a
Delta Chat, sistema di chat decentralizzato, estremamente sicuro, open source, capace di cifrare una conversazione da un punto a un altro e nel contempo offrire app condivise dentro una chat, per diletto o per collaborazione estemporanea.
Riflessione interessante sul cambiamento portato dalla tecnologia, che ha coinvolto anche la tecnologia stessa.
Stephen Hackett ricorda su 512 Pixels come Jobs aveva annunciato iPhone, nella quasi mitologica
presentazione del 2007:
Tre cose: un iPod widescreen iPod con controlli touch, un rivoluzionario telefono mobile e un inedito apparecchio per comunicare via Internet. Un iPod, un telefono e un comunicatore Internet…
Tutto risaputo e persino storicizzato. Se però dovessimo descrivere allo stesso modo iPhone come è oggi, diciotto anni dopo,
useremmo le stesse parole?
Per il britannico Office for Budget Responsibility (OBR) è la peggior figura degli ultimi quindici anni, cioè da quando esiste: il documento Economic and Fiscal Lookup (EFO)
è trapelato alla stampa e al pubblico prima che il Cancelliere della Corona tenesse il rituale discorso sul budget statale.
Da noi si sarebbe sghignazzato e invece le autorità inglesi l’hanno presa seriamente, così da indire una investigazione interna all’OBR e presentare al pubblico un documento che riassume con la massima dovizia di particolari la catena di eventi che ha portato all’inciampo.
È arrivato il giorno più agognato, quello in cui si accendono le speranze.
Il giorno in cui parte
Advent of Code.
Risparmio ogni commento ed esorto caldamente tutti sul sito per non perdere la priorità acquisita, fare un fioretto a base di apprendimento di coding e pensiero computazionale, cimentarsi con sfide programmatorie prima ancora che astruse.
Il portato di queste tre settimane di programmazione vale la lettura di un libro autorevole, una masterclass di codice, tanti tutorial fini a sé stessi. Un’occasione da perdere ancora meno di tutti gli altri, anche se tornerà pure l’anno prossimo.
Con che cosa rispondere al profluvio di marmellata cognitiva prodotta tramite assistenti generativi, se non con l’umanità?
L’umanità si distingue per la capacità di produrre arte e
Slop Evader, nel suo porsi come provocazione artistica, lo fa appunto a rappresentazione di quello che è umano.
Slop Evader è una estensione per browser (Chrome e Firefox) che esclude dalle ricerche sul web qualsiasi contenuto posteriore al trenta novembre duemilaventidue, giorno di annuncio di ChatGPT.
Il semestre che si avvia a conclusione è stato impegnativo e, dal punto di vista dei viaggi, come dire, frenante. Con un po’ di fortuna, tuttavia, conto di ritrovarmi domenica a Savona per la
mostra di Martin Mystère all’All About Apple Museum.
Giusto per la soddisfazione personale di poterselo dire.
Qualche estratto dalla
lettera d’amore di Tara Stella a FreeBSD.
E fai dell’uptime un obiettivo di design: un uptime di un migliaio di giorni non dovrebbe essere un racconto mitico, ma la normalità. Non un argomento di conversazione, ma la conseguenza naturale di un sistema costruito per durare. I mainframe non si sono mai scusati per avere un uptime di anni e neanche tu dovresti farlo. Applicare aggiornamenti senza paura, riavviare solo quando il kernel lo chiede veramente e lasciare che gli amministratori vedano la longevità come come una caratteristica e non una scommessa.
È un giorno di pensieri non dico profondi, ma quantomeno elaborati. Quello che otteniamo con il nostro darci da fare sembra una frazione dello sforzo che ci mettiamo. Lo sforzo stesso ci pare anche degno di nota, qualcosa che può emergere durante una conversazione, per dare giusta luce alla fatica e all’abnegazione.
Poi fai due conti con il ritmo universale e ti rendi conto che la prima sonda Voyager
ha messo un giorno luce di distanza tra sé e noi. Un giorno, mica un anno. Anzi, di anni ne ha impiegati quasi cinquanta, in viaggio a poco meno di diciotto chilometri al secondo. Quando corriamo sul filo del limite autostradale, ne facciamo zero virgola zero trentasei.
Per favore, un Nobel alla user experience per il progettista che ha realizzato il pulsante con il default animato semiautomatico.
Una cosa che faccio spesso è mandare messaggi da Apple Watch. Spesso vuol dire che una manovrabilità limitata dell’interfaccia. Detto il messaggio a Siri e poi mi appare il riepilogo del messaggio, con il default sul pulsante Invia. Il pulsante è bianco e inizia a colorarsi di blu da sinistra a destra, a spiegare che in pochi istanti si avvierà da solo.