Ho visto la prima pubblicità realizzata completamente con la sedicente intelligenza artificiale e con il refuso dentro: un bel titolo a tutto schermo che recitava questo feste. Considerato che le parole erano tipo sei o sette, è un bel traguardo.
Una delle cose più belle di questo blog è che scrivo un sacco di refusi. Mi arrivano le segnalazioni, correggo. A volte ripasso su post vecchi di anni e trovo il refuso. Lo sistemo, anche se dormiva sereno da ere geologiche.
Nel muovere vecchi scatoloni e contenitori di reliquie, è saltata fuori una
iSight che – ora lo ricordo – era stata presa e mai utilizzata, perché si erano realizzati progetti diversi.
Gran design e ottimo prodotto, con materiali di qualità. Confezione affascinante. Un lavoro di Apple di quelli da ricordare.
Tutto FireWire, purtroppo, oggi dovrei armeggiare con adattatori e cavi ibridi ammesso che ne esistano e non ho neanche voglia di cercare, nell’epoca in cui per avere una videocamera basta un vecchio iPhone.
È stato sia un onore che un piacere prendere parte alla cena di Natale di
Magnetic Media Network, più che mai in espansione ora che fa parte di un colosso europeo forte di oltre quattordicimila dipendenti e tante altre cose che sarà interessante raccontare più avanti, perché questa sera la novità è un’altra.
Succede che per mano di MMN, da sempre attenta alla storia dell’informatica e in possesso di una notevole collezione di reperti retrocomputeristici, sia nata – e sia stata annunciata pubblicamente oggi –
Fondazione 101.
Brian Scott ha un figlio che gioca a Minecraft e si preoccupa che durante le partite il figlio stesso e i suoi amici possano chattare in modo sicuro e protetto.
Così ha armeggiato e ha messo a punto Chat-tails, un
sistema di chat effimera via Tailscale, accessibile attraverso il Terminale.
I ragazzi chattano attraverso il Terminale su una chat virtualmente irraggiungibile da chiunque non sia invitato, con contenuti che svaniscono una volta chiusa la connessione e il testo come unica forma di contenuto ammesso.
La lotta – ma verrebbe più da chiamarla missione, nel senso della quest fantasy – per affermare la buona tipografia e quindi la buona civiltà nel digitale va ben oltre situazioni molto chiacchierate, in modo superiore alla loro importanza, come
le diatribe su Times New Roman o Calibri dentro le amministrazioni statunitensi.
Un passo molto più fondamentale è invece depotenziare ed emarginare progressivamente come si merita quella piaga tipografica che è Arial. Ci si può misurare in un test per vedere
se riusciamo a distinguere Arial da Helvetica. La tristezza, scrivevo, è che se fossero varietà di formaggio, il non riuscire a cogliere la differenza sarebbe un’onta gastronomica. In campo tipografico digitale, invece, vabbè-tanto-sono-uguali.
Dice Apple, senza fornire numeri, che
Pluribus è la serie più vista su Apple TV, persino davanti alla
seconda stagione di Severance.
Per numero di abbonati, Apple TV non può fare grandi numeri in assoluto. Però nel 2025 ha pubblicato quattro stagioni di show come
Slow Horses, appunto Severance, The Studio, ora Pluribus.
Tutte cose di cui poi si parla. Marketing, eh? Ma ce l’hanno tutti, il marketing. Eppure, a parità di marketing, si parla di Slow Horses (che continuo a raccomandare).
Nella mia bolla mediatica impazza la promozione di una
edizione di Monopoly dedicata al sessantesimo anniversario dei Pink Floyd, con tanto di segnalini a forma di maiale o di frammento di muro e un tabellone con grafica completamente ispirata alle produzioni del gruppo.
Il
sito ufficiale dei Pink Floyd strilla come novità in cinquantesimo anniversario di Wish You Were Here.
Il
sito ufficiale di Monopoly non fa menzione alcuna di una edizione Pink Floyd (mentre si trova, per dire, quella sul film di Dungeons & Dragons).
L’amministrazione Trump è un disastro assoluto che porta gli Stati Uniti a una involuzione come mai si era vista prima, nociva e preoccupante.
Fatta la doverosa premessa, bisogna distanziarsi necessariamente non solo nel giudizio, ma anche nei modi. Se la cifra dei trumpisti prevede l’approssimazione, la disinformazione, la bugia ripetuta fino a trasformarla in verità e la post-verità generata direttamente senza neanche la fatica di partire da un dato di realtà, noi dobbiamo essere precisi, informati, basati sui fatti e capaci di valutare con equidistanza e competenza le situazioni.
Apex, il processore Markdown di Brett Terpstra,
continua a migliorare e arricchirsi e potrebbe arrivare a significare qualcosa anche oltre le intenzioni dello sviluppatore.
Markdown ha un problema di standard in competizione e una architettura capace di favorire una unificazione è una buona cosa. Domani potremmo avere app che si ispirano a una codifica universale di Markdown come questa, contraddistinte da un output uniforme e prevedibile.
Per quanto tutto sia ancora tecnico e fuori dal radar dell’utilizzatore finale, a me pare una mossa vincente. Un bel proposito per il 2026.
Trovo molto molto interessante il lavoro di Jesús Olano su quella che chiama
tipografia fluida, capace di adattarsi in modo continuativo alle variazioni dello schermo e della pagina web.
È qualcosa che istintivamente sentiamo il browser avrebbe dovuto e potuto fare da sempre, da subito. Quasi una proprietà intrinseca dello scrivere in digitale, qualcosa che va oltre la carta in modo tanto oltraggioso quanto ovvio e che consente la lettura ottimale in qualsiasi circostanza.