Hanno detto che capita solo una volta in una generazione e, visto che effettivamente è la prima volta, che mi capita, voglio rimarcare il fatto che
La Wayback Machine ha archiviato un trilione di pagine web.
Un trilione sono mille miliardi. Mille miliardi. M-i-l-l-e-m-i-l-i-a-r-d-i.
Come fosse una immensa fotografia multidimensionale dell’umanità. Di tanti sforzi con un qualche valore culturale, questo racconta chi siamo e da dove veniamo per un criterio sconosciuto ai libri di storia: la quotidianità delle moltitudini.
Si potrebbe prendere la
recensione di iPad Pro M5 da parte di Federico Viticci su MacStories come una guida a spiegare perché chi abbia già un iPad Pro M4 non abbia una vera ragione di comprarlo. Non ci sono critiche ma, piuttosto, data point: i vantaggi effettivi di passare da M4 a M5 non valgono pena del passaggio.
Per tutti gli altri è per forza un discorso diverso, in quanto il divario anche solo di velocità rispetto a un M5 inizia a diventare consistente.
C’è una formulazione ancora più nobilitante dell’eredità che ci ha lasciato Steve Jobs con Design is how it works, design è come funziona: un design sufficientemente potente è in grado di modificare il nostro comportamento senza che ce ne rendiamo conto. A fin di bene, ovviamente.
A mostrarlo è Jason Fried,
alle prese con un orologio di lusso, A. Lange & Söhne Lange 1.
Se il nome non ispira grandi pensieri in fatto di branding, la gestione della carica è invece magistrale.
L’idea è allettante: un
salvaschermo che trasmette uno stream video.
Va anche dato qualche avviso ai naviganti.
La soluzione è, a dire poco, grezza. Bisogna maneggiare qualcosina di Xcode e avere la base minima di UNIX, tipo assicurarsi che
yt-dlp si trovi in $PATH e, se non si ha idea di che cosa significhi, c’è rischio di impantanarsi a mezza strada.
(Non so cercando di passare per saccente ma recuperando la mia vasta esperienza di iniziative prese con grande entusiasmo e ottimismo, abbandonate con disagio davanti a un problema tecnico che non avevo gli strumenti per risolvere).
Il solito post con il link agli script da scaricare? Per niente. Dr. Drang invece spiega e mostra in forma di listato i propri
script per creare rapidamente e in modo efficace link a siti Internet visitati con Safari in sintassi Markdown.
È uno spettacolo potente, fresco e rilassato come un rigoglioso ruscello di montagna. Va saputo che scriptare per catturare gli Url presenti in Safari è non banale e non banali sono anche gli script. Che però sono chiarissimi, sono documentati, sono una testimonianza del fatto che la programmazione, anche se piccola, può trasmettere armonia e fascino. E un abbraccio fraterno di cuore alle persone che hanno inventato AppleScript; potevano spendersi un po’ più sulla sintassi, ma per il resto ci hanno fatto un dono che resta nei decenni. Se c’è un esempio di tecnologia che gli ingegneri di Apple vorrebbero mettere da parte in ogni edizione di macOS da dieci anni a questa parte, e gli vietano di togliere, è probabilmente proprio AppleScript.
Dopo la tirata di ieri sull’
assenza di significato negli attuali chatbot preferisco avviarmi al weekend in modo più disimpegnato.
Dr. Drang mi è venuto in aiuto nel voler fare le pulci a un enigma molto molto carino pubblicato da Scientific American. Si vede un orologio analogico, con le tre canoniche lancette di ore, minuti e secondi.
Solo che le tre lancette sono perfettamente uguali. Lunghe uguali, larghe uguali, colorate uguali. Identiche.
Con l’intelligenza artificiale, se vogliamo chiamarla così, ho un ottimo rapporto quando devo impostare lavori complicati. In generale ricevo aiuto, risparmio di tempo, qualche spunto di ispirazione e delle soddisfazioni.
Quando il rapporto si guasta, lo si deve sempre e comunque a situazioni banali, per una intelligenza umana almeno, che portano a delusioni tanto più frustranti quanto è banale il compito di partenza. Compito di partenza che era:
disegna il contorno di una N dentro una griglia 20x20.
La gita a
Codemotion Milan 2025 è stata altamente istruttiva per farsi una full immersion nel mondo dello sviluppo software e di quello che gli sta intorno, dalla robotica alla ubiqua cosiddetta intelligenza artificiale.
La suddetta dà un bel po’ da fare in termini di integrazione e messa a punto per applicazioni specfiche. Ho visto gli stand di piccole società emergenti con piani precisi in questo senso a cui rivolgo i migliori auspici. Ho sempre il dubbio che il business finisca lì e che a medio termine ognuno si farà da solo le integrazioni che gli servono, però potrei essere pessimista.
Ho scritto quanto segue in una chat sul mio gruppo Slack, mentre si chiacchierava di intelligenza artificiale e di bolle.
Slack gratuito oscura i contenuti più vecchi di tre mesi e così lo riporto qui, dove ha più probabilità di restare visibile e di togliermi qualsiasi alibi. Non c’è editing che cambi il senso dell’originale: ho levato un refuso e sistemato un anacoluto sufficientemente ardito da fare tuonare sul monte Olimpo della sintassi.
Quando una figlia intraprendente ti chiede quanti giorni mancano a Natale e, appena saputolo, mette mano a un foglio di carta per scrivere all’omonimo Babbo, vuol dire che è tempo di iniziare a pensare ai regali.
Serendipiticamente mi sono imbattuto poco dopo in
Flummoxagon, un ingegnoso incrocio tra Tetris e Sudoku nel quale l’obiettivo è riempire uno spazio con figure simili ai tetramini di Tetris.
Con una, anzi, due differenze, no: tre. Si arriva ai pentamini (figure costruite da cinque mattoni base e non più quattro). Il mattone base è esagonale anziché quadrato. Infine, il colore conta! Pezzi dello stesso colore non possono toccarsi.